Padre
Pio da Pietrelcina
San Pio da Pietrelcina
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Padre
Pio
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Nascita
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Pietrelcina, 25
maggio 1887
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Morte
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San Giovanni
Rotondo, 23 settembre 1968
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Venerato da
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Chiesa cattolica
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Città del Vaticano, 2 maggio 1999 da Papa Giovanni Paolo II
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Città del Vaticano, 16 giugno 2002 da Papa Giovanni Paolo II
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Santuario principale
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San Giovanni Rotondo
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Ricorrenza
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23 settembre
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Patrono di
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Volontari per la difesa civile, adolescenti cattolici.
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San Pio da Pietrelcina,
noto anche come Padre Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione (Pietrelcina, 25 maggio 1887 – San
Giovanni Rotondo, 23 settembre 1968), è stato un presbitero italiano.
Religioso dell'Ordine
dei Frati Minori Cappuccini, nel 2002 è stato proclamato santo da papa Giovanni
Paolo II: la sua memoria liturgica viene celebrata il 23 settembre,
anniversario della morte. È stato destinatario, ancora in vita, di una
venerazione popolare di imponenti proporzioni, anche in seguito alla fama di
taumaturgo da lui acquisita derivante da presunte capacità soprannaturali
attribuitegli, ma è stato anche fatto oggetto di forti critiche e di sospetti
in ambienti ecclesiastici e no.
Il frate scelse il nome religioso
di Pio per onorare il santo martire venerato nell'attuale
chiesa di Sant'Anna
in
Pietrelcina,
anche se, in seguito, il suo onomastico sarà celebrato nella memoria di san Pio
V.
Biografia
I primi anni (1887-1918)
Francesco Forgione
nacque il 25
maggio 1887 a
Pietrelcina, un piccolo
comune alle porte
di Benevento. Fu battezzato il giorno successivo nella
chiesa di Sant'Anna. Gli venne dato il nome Francesco per desiderio della madre,
devota a san Francesco d'Assisi[1] .
Il
27 settembre 1899
ricevette la comunione
e la cresima
dall'allora arcivescovo di
Benevento Donato Maria dell'Olio.
La madre era una donna molto credente e
le sue convinzioni ebbero una grande influenza sulla formazione spirituale del futuro frate[2] . Secondo
le testimonianze del tempo [2] , il giovane Francesco
Forgione cresceva tranquillo e sereno e mostrava indole obbediente.
Il giovane non frequentò le scuole in maniera regolare
perché doveva rendersi
utile in famiglia
lavorando la terra. Solo quando ebbe dodici anni
cominciò a studiare con metodo, sotto la guida del sacerdote Domenico
Tizzani che, in un biennio, gli fece svolgere
tutto il programma delle elementari. Subito
dopo Francesco passò
alla scuola per gli
studi ginnasiali.
Il desiderio di diventare sacerdote si
manifestò molto presto e fu sollecitato dalla conoscenza di un frate del
convento di Morcone, fra' Camillo da Sant'Elia a Pianisi, che periodicamente
passava per Pietrelcina a raccogliere offerte. Le pratiche per l'entrata in convento furono iniziate nella primavera del 1902, quando Francesco aveva 14 anni, ma la sua prima domanda ebbe esito negativo.
Solo nell'autunno del 1902 arrivò l'assenso.
Francesco disse di aver avuto una
visione, il 1º gennaio 1903 dopo la comunione, che gli preannunciava una
continua lotta con Satana[3] . La notte del 5 gennaio, l'ultima
che passava con la sua famiglia, disse di aver avuto un'altra visione in cui Dio e Maria lo incoraggiavano assocurandogli la loro predilezione[4] . Il 22 gennaio dello stesso anno, a 15 anni, Francesco vestì i panni di
probazione del novizio cappuccino e diventò fra' Pio.
Concluso l'anno del noviziato,
fra Pio emise la professione dei voti semplici (povertà, castità ed obbedienza)
il 22 gennaio del
1904. Tre giorni dopo si recò a Sant'Elia a
Pianisi (CB) per intraprendervi gli studi ginnasiali. Il 27 gennaio 1907
professò i voti solenni. Seguì studi classici e di filosofia e
nel novembre del 1908
raggiunse Montefusco, dove proseguì i suoi studi di teologia. Il 18
luglio del 1909 ricevette l'ordine del diaconato, nel noviziato di Morcone. Fu ordinato
sacerdote il 10 agosto
1910 nel Duomo di
Benevento, da Paolo Schinosi; benché ancora ventitreenne, e contrariamente
alle disposizioni del diritto
canonico che all'epoca prevedevano un'età minima per l'ordinazione di 24 anni,
in ragione della
grave salute di Forgione il vescovo stabilì
un'eccezione e ordinò
il giovane[5] .
In tale periodo gli agiografi
iniziano a parlare della comparsa sulle sue mani delle stimmate. Fra' Pio diede
comunicazione per la prima volta l'8 settembre
1911, in una lettera indirizzata al padre spirituale di San Marco in
Lamis: qui il frate racconta
che il fenomeno andrebbe ripetendosi da quasi un anno, e che avrebbe
taciuto perché vinto «sempre da quella maledetta vergogna»[6] . Il 7 dicembre 1911 fece ritorno a Pietrelcina per ragioni di salute, restandovi, salvo qualche breve
interruzione, sino al 17 febbraio 1916[7] .
Il 10 ottobre
dello stesso anno fra' Pio rispose alle domande perentorie,
rivoltegli da padre Agostino da San Marco in Lamis, affermando di aver ricevuto le stimmate, «visibili, specie in una mano», e che, pregando il Signore, il fenomeno
scomparve, ma non il dolore che rimase «acutissimo»[8] ; disse inoltre di subìre quasi ogni settimana,
da alcuni anni,
la coronazione di spine e la flagellazione[8] .
Sempre nel 1915, il 6 novembre,
fu chiamato alle armi e si presentò al distretto militare di Benevento. Il 6 dicembre
fu assegnato alla decima compagnia sanità
di Napoli. Svolse
il servizio con
molte licenze per motivi di salute sino a essere definitivamente
riformato tre anni più tardi,
a causa di una «broncoalveolite doppia», il 16 marzo 1918, dall'ospedale principale di Napoli[10] .
Il 17 febbraio 1916 fra' Pio giunse a
Foggia, restandovi sette mesi circa e dimorando
meglio in tale luogo, dopo una settimana
circa scese di nuovo a respirare l'aria afosa
di
Foggia, poiché il permesso
chiesto al padre
provinciale, anche se non necessario,
tardava a venire.
In ragione di ciò il 13 agosto Pio scrisse al provinciale, chiedendo di poter «passare un po' di tempo a San Giovanni Rotondo» anche perché, a suo dire, Gesù gli assicurava che là sarebbe stato meglio. Fra' Pio venne infine lasciato in tale convento, con l'ufficio di
direttore spirituale del seminario serafico .
La comparsa delle stigmate (1918 - 1920)
La comparsa delle stigmate (1918 - 1920)
Nell'agosto del 1918 fra Pio affermò di
avere le prime visioni di un personaggio che lo trafiggeva con una lancia,
lasciandogli una ferita costantemente aperta (transverberazione). Poco tempo
dopo, in seguito ad una ulteriore visione, fra Pio affermò di aver ricevuto
delle stigmate. Tali lesioni vennero variamente interpretate: come segno di una
particolare santità, o come una patologia della cute (per es. piaghe da
psoriasi), o come auto-inflitte. L'inizio del manifestarsi delle
stigmate risale al 1910, quando
per la sua malattia il religioso
aveva avuto il permesso di lasciare il convento
e di vivere nella sua casa natale a Pietrelcina. Non distante dal paese, tutti i giorni dopo aver celebrato
la messa, si recava in una località detta Piana Romana, dove il fratello
Michele aveva costruito
per lui una capanna e dove
aveva la possibilità di pregare e meditare all'aria aperta, che giovava molto
ai suoi polmoni malati.Il fenomeno delle stigmate, come poi rivelò al suo
confessore cominciò a manifestarsi proprio in quel luogo, nel pomeriggio
del
7 settembre 1910,
e
si
manifestò con maggior intensità
un anno dopo nel settembre
1911, allora
il frate
scrisse al suo direttore spirituale:
scrisse al suo direttore spirituale:
« In mezzo
al palmo delle mani è apparso un po' di rosso, grande quanto la forma di un
centesimo, accompagnato da un forte ed acuto dolore. Questo dolore è più
sensibile alla mano sinistra. Anche sotto i piedi avverto un po' di dolore. »
Nello stesso periodo cominciarono a
circolare voci secondo le quali[14] la
sua persona aveva cominciato ad emanare un inspiegabile profumo di gelsomino.
La notizia della comparsa delle stigmate
fece il giro del mondo e repentinamente San Giovanni
Rotondo fu meta di
pellegrinaggio da parte di persone che speravano di ottenere grazie.
Il merito di alcune conversioni e guarigioni inaspettate fu attribuito dai
pellegrini all'intercessione
del frate presso Dio. La popolarità di padre Pio e di San
Giovanni Rotondo crebbe
ancora grazie al
passa-parola e la
località dovette cominciare
ad attrezzarsi per l'accoglienza di un numero di visitatori
sempre maggiore.
La situazione divenne imbarazzante per alcuni ambienti
della Chiesa cattolica
[15] : il Vaticano infatti non aveva notizie precise su cosa stesse
realmente accadendo; le scarne informazioni ricevute ben si prestavano ad
alimentare il timore di una macchinazione, di fatto sommovente interessi
economici, eventualmente perpetrata sfruttando il nome della Chiesa e la
tonaca. Un primo inconcludente rapporto fu stilato dal Padre Generale dei
cappuccini, il quale a sua volta aveva inviato Giorgio
Festa. Questi propese per la soprannaturalità del fenomeno, ma
proprio il suo entusiasmo fece dubitare della sua credibilità. Si
commissionarono perciò ulteriori indagini, molte delle quali condotte in
incognito.
Le indagini (1919 - 1923)
Le indagini (1919 - 1923)
Il primo medico a studiare le stigmate di
Padre Pio fu il professore Luigi Romanelli, primario dell'ospedale civile di
Barletta, per ordine del padre superiore Provinciale, nei giorni 15 e 16 maggio
1919. Nella sua relazione fra le altre cose scrisse: «Le lesioni che presenta alle mani sono ricoperte da una membrana
di colore rosso bruno, senza alcun
punto sanguinante, niente edema e niente reazione infiammatoria nei tessuti
circostanti. Ho la certezza che quelle ferite
non sono superficiali perché, applicando il pollice nel palmo della mano e l'indice sul dorso e facendo
pressione, si ha la percezione esatta del vuoto esistente».
Due mesi dopo, il 26 luglio,
arrivò a San Giovanni Rotondo il professore Amico Bignami, ordinario di
patologia medica all'Università di Roma. Le sue considerazioni mediche non si
discostarono da quelle del prof. Romanelli, in più però affermò che secondo lui
quelle stigmate erano cominciate come prodotti patologici (necrosi
neurotonica multipla della cute) ed erano state completate, forse
inconsciamente per un fenomeno di suggestione, o con un mezzo chimico, per
esempio la tintura di iodio[16] .
Nel 1920 padre Agostino
Gemelli, medico, psicologo e consulente del Sant'Uffizio, fu
incaricato dal cardinale Merry Del Val di
visitare padre Pio ed eseguire "un esame clinico delle ferite". Il
Segretario del Sant'Uffizio, chiamato in causa per via dei sospetti su presunte
attività scandalose del cappuccino, scelse il Gemelli, è dato supporre, sia per
le sue conoscenze scientifiche di altissimo livello, sia per i suoi studi
specialistici sui "fenomeni mistici", che aveva condotti sin dal
1913.
"Perciò - pur essendosi recato nel
Gargano di propria iniziativa, senza che alcuna autorità ecclesiastica glielo
avesse chiesto - Gemelli
non esitò a fare della sua lettera
privata al Sant'Uffizio una sorta di perizia ufficiosa
su padre
Il Gemelli volle invece esprimersi compiutamente
in merito e volle incontrare il frate, nonostante una malcelata ritrosia di
questi. Padre Pio, infatti, mostrò nei confronti del nuovo investigatore un
atteggiamento di netta chiusura, non alleviando le polemiche, nonostante l'approccio iniziale del messo vaticano
fosse stato di buona apertura
sul piano personale.
Il frate rifiutò la visita
adducendo che mancava l’autorizzazione
scritta del Sant'Uffizio. Furono vane le proteste di padre Gemelli che,
incaricato dal Sant'Uffizio e inviato di persona dal cardinal Merry Del Val
riteneva di avere il diritto di effettuare un esame medico delle stigmate.
Mario Guarino[18] interpreta questo rifiuto come un'implicita
ammissione di colpa da padre di padre Pio. Il frate, sostenuto
dai suoi superiori, condizionò l'esame ad un permesso
da richiedersi per via gerarchica, disconoscendo le credenziali di padre
Agostino Gemelli, che comunque era in missione ufficiale. Questi abbandonò
dunque il convento, irritato e offeso.
Padre
Gemelli espresse quindi la diagnosi:
« È un bluff... Padre Pio ha tutte le
caratteristiche somatiche dell'isterico e dello psicopatico... Quindi, le
ferite che ha sul corpo... Fasulle... Frutto di un'azione patologica morbosa...
Un ammalato si procura le lesioni da sé... Si tratta di piaghe, con
carattere distruttivo
dei tessuti... tipico della patologia isterica »
e più brevemente lo chiamò
"psicopatico, autolesionista ed imbroglione"; i suoi giudizi, che
come si è visto non potevano contare su un esame clinico rifiutatogli, avrebbero
pur tuttavia pesantemente condizionato per l'autorevolezza della fonte la
vicenda del frate.
Come risultato di questa vicenda, il 31
maggio 1923, arrivò un decreto vero e proprio in cui si pronunciava la condanna
esplicita. Il Sant'Uffizio
dichiarava il <non constat de supernaturalitate> circa i fatti
legati alla vita di padre Pio ed esortava i fedeli a non credere e a non andare
a San Giovanni Rotondo. La formula specifica utilizzata, nel linguaggio
ecclesiastico, equivale ad asserire che al momento non sono stati evidenziati
elementi sufficienti ad affermare la soprannaturalità dei fenomeni, e perciò
non esclude che possano esserlo in futuro.[19] Il decreto venne
pubblicato dall'Osservatore Romano, organo di stampa del Vaticano, il 5 luglio
successivo e subito
ripreso dai giornali di tutto
il mondo.
Il 15 dicembre del 1924 il dottor Giorgio Festa,
chiese alle autorità
ecclesiastiche l'autorizzazione a sottoporre il
Padre
ad un nuovo esame clinico per uno studio ulteriore e più aggiornato, ma non
l'ottenne.
L'inchiesta sul frate si chiuse con
l'arrivo del quinto e definitivo decreto di condanna (23 maggio 1931) con
l'invito ai fedeli di non considerare come sovrannaturali le manifestazioni
psichiatriche certificate dal Gemelli, ma i più fedeli sostenitori di Padre Pio non considerano il divieto di Roma vincolante. A Padre Pio venne vietata
la celebrazione della messa
in pubblico e l'esercizio della confessione.
La revoca delle restrinzioni e ulteriori indagini (193 - 1968)
La revoca delle restrinzioni e ulteriori indagini (193 - 1968)
Nel 1933 papa Pio XI revocò le
restrizioni precedentemente imposte
a padre Pio. Una fonte indipendente
suggerisce però che, formalmente, il
decreto ufficiale di sconfessione di padre Pio non sarebbe
mai
stato revocato. Infatti il Sant'Uffizio non
ritrattò
i suoi decreti e, ufficialmente, padre Pio continuò a essere condannato dalla
Chiesa. A San Giovanni Rotondo accorrevano comunque
gente comune, ma anche personaggi famosi. Nel 1938 arrivò Maria José
di Savoia che volle farsi fotografare accanto a padre Pio. Giunsero
i reali di Spagna, la regina del Portogallo in esilio, Maria Antonia di Borbone,
Zita di Borbone-Parma, Giovanna di Savoia Ludovico di Borbone Parma, Eugenio di Savoia e tanti altri. Nel 1950 il numero di persone, in particolare donne, che si volevano confessare
era talmente imponente,
che venne organizzato un sistema
di prenotazioni. Il 9 gennaio
1940 iniziò la
costruzione del grande
ospedale Casa
Sollievo della Sofferenza con le offerte dei
fedeli provenienti da tutto il mondo.
Papa Giovanni
XXIII ordinò ulteriori indagini su padre Pio, inviando monsignor Carlo
Maccari: nello spirito del Concilio
Vaticano II si voleva intervenire con decisione verso forme di fede
popolare considerate arcaiche. All'inizio dell'estate 1960, papa Giovanni fu informato
da monsignor Pietro Parente, assessore
del Sant'Uffizio, del contenuto
di alcune bobine audio registrate a San Giovanni Rotondo. Da mesi Roncalli
assumeva informazioni sulla cerchia delle donne intorno a Padre Pio, si era
appuntato i nomi di tre fedelissime: Cleonice Morcaldi, Tina Bellone e Olga
Ieci», più una misteriosa contessa.
Il Papa annota il 25 giugno 1960, su quattro
foglietti rimasti inediti
fino al 2007 e rivelati da
Sergio Luzzatto:[22]
« Stamane
da mgr Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne
a S. Giovanni Rotondo. L’informatore
aveva la faccia e il cuore distrutto. »
« Con la grazia del Signore io mi sento calmo e
quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e vastissima infatuazione
religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una soluzione
provvidenziale. Mi dispiace di P.P. che ha pur un’anima da
salvare, e per
cui prego intensamente »
« L’accaduto—cioè la scoperta per mezzo di
filmine, si vera sunt quae referentur [se sono vere le cose riferite],
dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua
guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona— fa pensare ad un vastissimo disastro di
anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui
in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a
ritenere che il Signore faciat cum tentatione
provandum, e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a
chiarezza e a salute di molti. »
Motivo di tranquillità spirituale per me, e
grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi
personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato
centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili.
personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato
centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili.
I sospetti di papa Giovanni
XXIII, che non aveva ascoltato le bobine (si vera sunt quae
referentur), vennero comunque fugati l'anno seguente dall'arcivescovo di Manfredonia,
monsignor Andrea Cesarano:[
“Che
mi racconti di Padre Pio?” “Santità… ” “Non
chiamarmi santità – lo interruppe – “chiamami
don Angelo come hai sempre fatto. Dimmi di lui!” “Padre Pio è sempre l’uomo
di Dio che ho conosciuto all’inizio del
mio trasferimento a Manfredonia. È un apostolo che fa alle anime un bene
immenso”. “Don Andrea, adesso si dice tanto male di Padre Pio”. “Ma
per carità, don Angelo. Sono tutte calunnie. Padre Pio lo conosco sin dal 1933
e t’assicuro che è sempre un uomo di
Dio. Un santo”. “Don Andrea, sono i suoi fratelli che l’accusano. E poi… quelle donne, quelle registrazioni… Hanno
perfino inciso i baci”. Poi il Santo
Padre tacque per l’angustia e il
turbamento. Monsignor Cesarano, con un fremito che gli attraversava l’anima e il corpo, tentò di spiegare: “Per carità, non si tratta di baci
peccaminosi. Posso spiegarti cosa succede quando accompagno mia sorella da
Padre Pio?” “Dimmi”. E monsignor Cesarano raccontò al Santo
Padre che quando sua sorella incontrava Padre Pio e riusciva a prendergli la
mano, gliela baciava e ribaciava, tenendola ben stretta, malgrado le vive
rimostranze nel timore di sentire un ulteriore male per via delle stigmate. Il
buon Papa Giovanni alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: “Sia lodato Dio! Che conforto che mi hai dato. Che sollievo! »
In quel periodo il superiore locale
di padre Pio era padre
Rosario da Aliminusa (al secolo Francesco Pasquale,
1914-1983), che ricopriva l'incarico di
guardiano della comunità di san Giovanni
Rotondo; Aliminusa, fermo custode delle regole dell'ordine[24] , in diversi scritti testimoniò che
padre Pio non venne mai meno ai suoi doveri d'obbedienza[24] ; ne mise inoltre in risalto il rigore teologico[24] .
Nel 1964, il nuovo Papa Paolo VI
concesse personalmente ma ufficiosamente a Padre Pio da
Pietrelcina
l'Indulto (reintegro) per continuare a celebrare, anche
pubblicamente, la Santa Messa secondo il rito di San
Pio V, sebbene, dalla Quaresima del 1965 fosse in attuazione
la riforma
liturgica. Contemporaneamente, molteplici attività finanziare
gestite da Padre Pio passarono in gestione alla Santa Sede.
L'Aliminusa, inoltre,
in relazione alla nomina - da parte
della Santa Sede - di padre Clemente
da Santa Maria
in Punta quale amministratore apostolico destinato a gestire la
situazione giuridico-economica dei beni della Casa Sollievo
della Sofferenza, fu nominato procuratore generale dell'Ordine
dei Frati Minori Cappuccini, una delle massime cariche dell'ordine,
incaricato, per la funzione, di mantenere i rapporti tra l'Ordine e la Santa
Sede, cosa questa che favorì una ricomposizione della frizione che stava
insorgendo in relazione alla gestione dei beni e delle donazioni: padre Pio
istituì nel suo testamento la Santa Sede quale legataria di tutti i beni della
Casa Sollievo della Sofferenza[25] .
Il 23 settembre
1968 Padre Pio morì all'età di 81 anni. Ai suoi funerali
parteciparono più di centomila persone giunte da ogni parte d'Italia[26] .
La canonizzazione
Le pratiche giuridiche preliminari del
processo di beatificazione iniziarono un anno dopo la morte del Padre, nel
1969, ma incontrarono molti ostacoli, da
parte
di coloro che
erano stati nemici dichiarati di
Padre Pio. Furono ascoltati decine di testimoni e raccolti
104 volumi di disposizioni e documenti, e nel 1979 tutto il materiale fu
inviato
a
Roma
al
vaglio
degli
esperti del Papa. Il procedimento che portò
alla canonizzazione ebbe inizio con il nihil obstat del
29 novembre 1982.
Il 20 marzo 1983
iniziò il processo diocesano per la sua canonizzazione. Il 21 gennaio
1990 Padre Pio venne proclamato venerabile,
fu beatificato
il 2 maggio 1999
e proclamato santo il 16 giugno
2002 in piazza San
Pietro da papa Giovanni Paolo II come san Pio da Pietrelcina. La sua festa
liturgica viene celebrata il 23 settembre.
Tra i segni miracolosi che gli vengono
attribuiti troviamo le "stigmate" che portò per 50 anni (20 settembre
1918 - 23 settembre 1968), il dono della
bilocazione e della capacità
di leggere nei cuori e nella mente
delle persone. Tra i
molti miracoli che gli vengono attribuiti c'è quello della guarigione del
piccolo Matteo Pio Colella di San Giovanni Rotondo, sul quale è stato celebrato
il processo canonico che ha portato poi alla elevazione agli altari di San Pio.
Tra i racconti di bilocazione
che lo avrebbero visto protagonista c'è quello fornito da Luigi Orione,
secondo il quale nel 1925, mentre si trovava
in piazza San Pietro per i festeggiamenti in onore di Teresa di Lisieux,
gli sarebbe apparso inaspettatamente Padre Pio da Pietrelcina, che in realtà non si mosse mai dal convento che lo ospitava dal 1918
sino alla morte.
I sospetti
La vicenda di Padre Pio fu sempre
accompagnata da un lato da manifestazioni di fede popolare ineguagliate per la
loro intensità, e dall'altro da sospetti anche di alte personalità della
Chiesa.
Di Padre Pio si sospettava innanzitutto
una motivazione volta a procacciare un risultato economico (ancorché indiretto)
da donazioni e lasciti attraverso una mitizzazione della persona. Questo
sospetto fu in parte attenuato quando il frate designò la Chiesa di Roma come
erede universale di tutte le sue cose. Parimenti, i flussi di denaro
riguardanti le iniziative culminate nella costruzione della Casa Sollievo
della Sofferenza, continuarono ad essere oggetto di illazioni e di
scontro con le gerarchie ecclesiastiche. Il commercio di pezzuole
apparentemente macchiate dalle stigmate (in realtà il sangue risultò poi essere
sangue di gallina), andava, stando ai risultati dell'indagine, molto bene. A
seguito dell'indagine in questione alcuni frati che avevano tradito il voto di
povertà furono spostati altrove.
Riguardo alle stigmate,
alcuni rapporti medici indicarono una possibile causa non soprannaturale: il
medico napoletano Vincenzo
Tangaro, che incontrò Padre Pio ed ebbe cura di osservarne le mani,
scrisse in un articolo pubblicato dal Mattino: «Le stigmate
sono superficiali e presentano un alone dal colore caratteristico della tintura di iodio». Altri medici, osservando il fenomeno, non furono in grado di determinarne la causa con certezza, ma parlarono in ogni caso di un possibile
fenomeno artificiale e/o patologico. A titolo d'esempio, il professor Amico Bignami inviato dal Sant'Uffizio ad esaminare le stigmate scrisse nella sua relazione: «Le [stigmate]… rappresentano
un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti ipotesi: a)
… determinate
artificialmente o volontariamente; b) … manifestazione di uno stato morboso; c) … in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte
artificiale…
Possiamo… pensare che… siano
state mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio. Ho notato... una pigmentazione bruna dovuta alla tintura di iodio. È noto che la tintura
di iodio vecchia… diventa
fortemente irritante e caustica». (riportato
da Mario Guarino, vedi bibliografia).
Secondo quanto successivamente riportato
da un biografo, lo stesso professor Bignami
diede in seguito
ordine «di fasciare e suggellare le ferite alla presenza di due testimoni
e di controllare i suggelli
delle stesse alla presenza degli stessi testimoni, per otto giorni, affinché si potesse avere la certezza che le ferite non erano state affatto toccate… L’ottavo giorno in cui furono definitivamente tolte le fasce al Padre Pio, mentre Egli celebrava
la Messa, colava tanto
sangue dalle mani che fummo costretti a mandare dei fazzoletti perché il Padre
potesse asciugarlo».
Nuovi dubbi sull'origine
soprannaturale delle stigmate vengono dal libro di Sergio
Luzzatto, in cui si riporta la testimonianza del 1919 di un farmacista a
cui Padre Pio ordinò dell'acido
fenico, adatto per la sua causticità a procurare lacerazioni nella
pelle simili alle stigmate.
Lo psichiatra Luigi
Cancrini (Università La Sapienza di Roma), più recentemente, ha
tentato di classificare Padre Pio secondo il DSM-IV (edizione
aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali). Secondo questa
teoria le stigmate sarebbero quindi particolari sintomi di "conversione
somatica" (vedi bibliografia), ovvero la moderna definizione dei disturbi
somatici generati da una patologia psichiatrica di tipo isterico.
Nelle
biografie[29] che riportano
le testimonianze di
persone che ebbero
modo di assistere
di persona alla preparazione del corpo per la sepoltura, sulla salma di Padre Pio non ci sarebbe stata
più alcuna traccia
delle stigmate.
Le malattie
Nel diario di padre Agostino da San Marco in Lamis, direttore
spirituale di padre Pio, si legge che nel 1892, quando
il giovane Francesco Forgione aveva solo 5 anni era affetto da diverse
malattie. A 6 anni venne colpito da una grave enterite, che lo costrinse al
letto per un lungo periodo. A 10 anni si ammalò di febbre tifoidea.
Nel 1904, fra' Pio venne inviato, con
gli altri giovani che insieme a lui avevano superato l'anno di prova di
noviziato, a Sant'Elia a
Pianisi in provincia di Campobasso, per iniziare il periodo di
formazione. Ma quasi subito cominciò a star
male accusando inappetenza,
insonnia, spossatezza, svenimenti
improvvisi e terribili
emicranie. Vomitava spesso e
riusciva a nutrirsi soltanto con del latte.
Gli agiografi
raccontano che proprio
in quel periodo,
insieme ai malanni
fisici, cominciarono a
manifestarsi fenomeni a detta dei testimoni inspiegabili. Secondo i loro
racconti, di notte, nella sua stanza, si udivano rumori sospetti a volte urli o ruggiti, durante la preghiera, fra' Pio restava come intontito,
quasi fosse assente (va ricordato che fenomeni di questo
tipo sono frequentemente descritti, nelle agiografie di santi e mistici di ogni tempo,
e secondo la psichiatria contemporanea sono spiegabili come sintomi di psicosi o
schizofrenia). Qualche confratello disse addirittura di averlo visto in estasi,
sollevato da terra[30] .
Nel giugno del 1905 la
salute del frate era talmente compromessa che i superiori decisero di mandarlo
in un convento di montagna, nella speranza che il cambiamento d'aria gli facesse bene. Le condizioni di salute però, peggioravano ed allora i medici consigliarono di farlo tornare nel suo paese. Anche qui però il
suo stato di salute peggiorò.
Negli anni giovanili padre Pio fu anche
colpito da "bronchite
asmatica", di cui continuò a soffrire fino alla morte. Aveva
anche una calcolosi renale grave, con coliche frequenti. Un'altra malattia
molto dolorosa fu una specie di gastrite cronica, che poi si trasformò in ulcera. Soffrì
di infiammazioni dell'occhio, del naso, dell'orecchio e della gola, e
infine di rinite e otite croniche.
Nell'estate del 1915, il religioso dovette lasciare Pietrelcina per adempiere al servizio militare.
Aveva fatto la visita
di leva nel 1907 ed
era stato dichiarato abile ma lasciato a casa con un congedo illimitato, fu
però richiamato ed il 6 novembre del 1915 si presentò al distretto militare di
Benevento, e venne assegnato alla Decima compagnia sanità di Napoli con il
numero di matricola 2094/25. Ma dopo circa un mese a causa di continui disturbi
cui andava soggetto, venne mandato in licenza per 30 giorni.
Tornato in servizio
fu sottoposto ad altre visite mediche e rimandato ancora in licenza a per 6 mesi. Trascorse
questo periodo di licenza in un convento di Foggia. Ma anche lì il religioso
stava male. Si decise quindi di spostarlo a San Giovanni
Rotondo, un paesino
sul Gargano a 600 m di altezza,
dove anche nei
mesi caldi faceva relativamente fresco. Arrivò in questo convento il 28 luglio
del 1916.
A dicembre riprese il servizio militare,
ma fu rimandato a casa per altri 2 mesi. Al rientro venne giudicato idoneo e
destinato alla caserma di Sales in Napoli, dove rimase fino al marzo del 1917,
quando dopo una visita all'ospedale di Napoli gli fu diagnosticata una "tubercolosi
polmonare" accertata dall'esame radiologico e mandato a casa
con un congedo definitivo. Nel 1925 fu operato per un ernia inguinale, e un po'
dopo sul collo si formò una grossa cisti che dovette essere asportata.
Un terzo intervento lo subì
all'orecchio, si era formato un epitelioma, l'esame istologico eseguito a Roma
disse che si trattava di una forma tumorale maligna. Dopo l'operazione padre
Pio fu sottoposto a terapia radiologica, che ebbe successo, sembra, in sole due
sedute.
Nel 1956 fu colpito da una grave "pleurite
essudativa", la malattia venne accertata radiologicamente dal professore Cataldo Cassano che estrasse personalmente il liquido sieroso
dal corpo del Padre. Rimase a
letto per 4 mesi consecutivi. Negli anni della vecchiaia il Padre fu tormentato
dall'artrite
e dall'artrosi.
Le ipertermie
Un fenomeno misterioso che si sarebbe
manifestato nel corpo di Padre Pio furono le febbri alte. Tale evento
sconcertò alcuni dei medici che in qualche modo si erano interessati alla sua
salute[32] .
I primi a osservarle furono i medici dell'ospedale militare
di Napoli durante
una visita di controllo. La febbre era così alta che il termometro clinico non era in grado di misurarla
in quanto fuori scala[33] . Il primo a misurare con esattezza il grado di temperatura della febbre di padre Pio
fu un medico di Foggia, quando il frate era ospite di un convento del luogo e
continuava a stare male. Il medico ricorse a un termometro da bagno che
registrò una temperatura di 48°.
Lo studio scientifico di quelle febbri altissime fu ripreso dal dott. Giorgio
Festa nel 1920. Questi aveva sentito
parlare di tale anomalia e riteneva il fenomeno impossibile. Iniziò pertanto a
misurargli la temperatura con metodo, due volte al giorno, e diede ordine ai
superiori del convento di fare altrettanto in sua assenza (il che senza dubbio
suggerisce alcuni dubbi sulla validità
di queste misurazioni). A giorni in cui la temperatura oscillava
tra i 36,2 e i
36.5 °C si alternavano altri in cui si
evidenziavano picchi di temperatura a 48 - 48,5 °C. Quando colto da tali
temperature elevate il frate appariva molto sofferente e agitato sul suo letto,
ma senza delirio e senza comuni disturbi che di solito accompagnavano
alterazioni febbrili notevoli.
Dopo uno o due giorni tutto rientrava
nel suo stato normale, e al terzo giorno lo si vedeva nuovamente nel
confessionale[34] .
Da un punto di vista medico-scientifico si tratta di fenomeno inammissibile, in
quanto temperature talmente elevate possono
condurre in breve tempo alla morte. Tuttavia
viene riportato che dopo tali attacchi febbrili il frate era in grado di tornare ai suoi compiti
senza apparente danno[35] . Val la pena ricordare che temperature corporee
superiori ai 42 °C possono provocare danni cerebrali[36] . A maggior ragione temperature
superiori, dell'ordine dei 47 - 48 °C, sono considerate incompatibili con la
vita umana.
La riesumazione
Il 6 gennaio
2008 il vescovo
Domenico D'Ambrosio annunciò durante la messa nel santuario di Santa
Maria delle Grazie che nel mese di aprile 2008 il
corpo di Padre Pio sarebbe stato riesumato per una ricognizione canonica con
l'esposizione alla pubblica venerazione sino
al
mese
di
settembre 2009 in vista
del quarantesimo anniversario della sua morte
Nella notte tra il 2 e
il 3 marzo 2008
è stata riaperta la bara che contiene il cadavere di
san Pio. Secondo le dichiarazioni dei presenti le unghie e il mento sono ben
conservati pur essendo
trascorsi quarant'anni dalla
sua
morte .
Esposizione della salma
Dal 24 aprile
2008 al 23 settembre
2009 a San Giovanni
Rotondo è stata esposta la salma di Padre Pio, all'interno di una
teca di cristallo costruita appositamente. Essa in realtà è stata poco
visibile: il volto, conservato solo nella parte inferiore, è ricoperto da una
maschera di silicone che
ne riproduce le sembianze. La salma poggia su un piano di plexiglass forato e rivestito di tessuto. Al di sotto ci sono due contenitori in pvc pieni di gel di silice per la regolazione dell’umidità.
Il 23 settembre 2009,
nell'anniversario
della
morte,
si
è
conclusa
l'esposizione
del
cadavere
con
una
solenne
cerimonia .